domenica 23 novembre 2008
E' uscito il libro di cui ho illustrato la copertina!
Si tratta di una bellissima storia a metà tra sogno e realtà ed ambientata nelle terre Inuit... assolutamente da leggere!
sabato 1 novembre 2008
Il colloquio
Studio il percorso su internet nei minimi dettagli (mezzi pubblici, strade, ecc)
Arrivo mezz'ora in anticipo e inizio a fare su e giù davanti al portone pensando che non sia carino presentarsi prima dell'appuntamento.
Mezz'ora più tardi scoprirò che non solo non era così, ma che l'editore era mezz'ora che mi guardava con aria interrogativa fare questa marcetta sotto la sua finestra: decisamente la prossima volta avrei suonato.
Entro e mi dicono che l'art director della casa editrice era fuori per una conferenza, e oltretutto non aveva neanche lasciato detto che sarei passata!
L'agitazione si impossessa di me e inizio a balbettare qualcosa di incomprensibile (di cui, ovviamente, non ho memoria) ma l'austero signore che ho di fronte mi dice di non preoccuparmi e che avrebbe parlato lui con me.
Non ho ancora descritto l'ambiente che mi circondava: mi trovavo in un luogo che non si avvicinava nemmeno lontanamente al concetto di casa editrice che avevo sempre coltivato nelle mie fantasie (e che per lo più derivava da film e telefilm) ma in un piccolo appartamento arredato in stile sobrio e molto classico con due pesanti porte marroni ai due lati della stanza. Una era aperta e dava sullo studio dell'esile segretaria della casa editrice, una signora senza età dal volto molto gentile.
L'altra era chiusa, e fu lì che entrammo subito dopo, nello studio dell'editore.
Si trattava di una stanza pesantemente addobbata, con tappeti persiani molto spessi e una grossa scrivania di legno massello scuro che troneggiava al centro. Ai lati della stanza alcune piante, cassettiere e mobili traboccanti di scartoffie e, appesi alle pareti, quadri orginali ed autografati di illustratori famosi.
L'editore si sedette nella sua imponente potrona di pelle bordeaux e mi invitò a fare altrettanto sulla sedia da sala da pranzo al lato opposto.
Questo fu importante per me, perchè aver finalmente incontrato un punto d'appoggio mi aiutò a rilassarmi un minimo.
La visione del book è stata una sorta di tortura psicologica... non capivo se avrei dovuto dire qualcosa, anzi, si può dire che mi sono posta seriamente per la prima volta da quando avevo lasciato l'Accademia la seguente domanda: che cosa mai bisognerà dire mentre qualcuno sfoglia il tuo portfolio? Bisognerà poi dire veramente qualcosa? Ma il silenzio è così imbarazzante!
Alla fine delle mie paranoie mi rendo conto che anche l'austero signore aveva finito di sfogliare il mio book.
Mi sorride ed inizia a spiegarmi, mentre io mi facevo piccola piccola, che lui era abituato a trattare solo con grandi nomi del mondo dell'illustrazione, che in generale nel mio book aveva visto lavori che non si accordavano col tipo di pubblicazioni che la sua casa editrice produceva, ma che aveva visto un paio di lavori che si avvicinavano a quella logica e li avrebbe tenuti, col mio permesso (si trattava di stampe con i miei recapiti) giusto perchè "non si sa mai".
E in effetti ad oggi non si è mai saputo.
Esco via un po' frastornata e confusa... non sapevo se essere contenta (dopo tutto qualcosa aveva tentuto con sè... era forse un risultato positivo?) oppure delusa. Ma di sicuro ero pronta per affrontare un nuovo colloquio, e stavolta non avrei tremato di fronte alla cornetta del telefono.... forse.
Arrivo mezz'ora in anticipo e inizio a fare su e giù davanti al portone pensando che non sia carino presentarsi prima dell'appuntamento.
Mezz'ora più tardi scoprirò che non solo non era così, ma che l'editore era mezz'ora che mi guardava con aria interrogativa fare questa marcetta sotto la sua finestra: decisamente la prossima volta avrei suonato.
Entro e mi dicono che l'art director della casa editrice era fuori per una conferenza, e oltretutto non aveva neanche lasciato detto che sarei passata!
L'agitazione si impossessa di me e inizio a balbettare qualcosa di incomprensibile (di cui, ovviamente, non ho memoria) ma l'austero signore che ho di fronte mi dice di non preoccuparmi e che avrebbe parlato lui con me.
Non ho ancora descritto l'ambiente che mi circondava: mi trovavo in un luogo che non si avvicinava nemmeno lontanamente al concetto di casa editrice che avevo sempre coltivato nelle mie fantasie (e che per lo più derivava da film e telefilm) ma in un piccolo appartamento arredato in stile sobrio e molto classico con due pesanti porte marroni ai due lati della stanza. Una era aperta e dava sullo studio dell'esile segretaria della casa editrice, una signora senza età dal volto molto gentile.
L'altra era chiusa, e fu lì che entrammo subito dopo, nello studio dell'editore.
Si trattava di una stanza pesantemente addobbata, con tappeti persiani molto spessi e una grossa scrivania di legno massello scuro che troneggiava al centro. Ai lati della stanza alcune piante, cassettiere e mobili traboccanti di scartoffie e, appesi alle pareti, quadri orginali ed autografati di illustratori famosi.
L'editore si sedette nella sua imponente potrona di pelle bordeaux e mi invitò a fare altrettanto sulla sedia da sala da pranzo al lato opposto.
Questo fu importante per me, perchè aver finalmente incontrato un punto d'appoggio mi aiutò a rilassarmi un minimo.
La visione del book è stata una sorta di tortura psicologica... non capivo se avrei dovuto dire qualcosa, anzi, si può dire che mi sono posta seriamente per la prima volta da quando avevo lasciato l'Accademia la seguente domanda: che cosa mai bisognerà dire mentre qualcuno sfoglia il tuo portfolio? Bisognerà poi dire veramente qualcosa? Ma il silenzio è così imbarazzante!
Alla fine delle mie paranoie mi rendo conto che anche l'austero signore aveva finito di sfogliare il mio book.
Mi sorride ed inizia a spiegarmi, mentre io mi facevo piccola piccola, che lui era abituato a trattare solo con grandi nomi del mondo dell'illustrazione, che in generale nel mio book aveva visto lavori che non si accordavano col tipo di pubblicazioni che la sua casa editrice produceva, ma che aveva visto un paio di lavori che si avvicinavano a quella logica e li avrebbe tenuti, col mio permesso (si trattava di stampe con i miei recapiti) giusto perchè "non si sa mai".
E in effetti ad oggi non si è mai saputo.
Esco via un po' frastornata e confusa... non sapevo se essere contenta (dopo tutto qualcosa aveva tentuto con sè... era forse un risultato positivo?) oppure delusa. Ma di sicuro ero pronta per affrontare un nuovo colloquio, e stavolta non avrei tremato di fronte alla cornetta del telefono.... forse.
lunedì 13 ottobre 2008
Prima - vera - telefonata
Scelgo una casa editrice a cui telefonare.
La scelgo per vari motivi. é una delle prime che compaiono sul sito della fiera di Bologna in ordine alfabetico, è nella mia stessa città (Roma) e non sembra difficile da raggiungere con i mezzi pubblici.
In quel periodo ancora non avevo nessuna idea di cosa fosse fare "ricerca sul mercato" e di sicuro non sapevo distinguere un editore da un altro (eccezion fatta per i soliti noti, ovviamente).
Quindi decido che, dovendo comunque fare esperienza, quelli mi sembravano tre validi criteri di scelta.
Telefono e mi risponde l'art director della casa editrice, che si rivela una persona molto gentile e simpatica e mi da appuntamento dopo qualche giorno alle ore 12.00...
ENTUSIASMO! Una felicità che aveva raggiunto livelli irraggiungibili, ero riuscita ad avere un appuntamento!!
La mia testa è rimasta piena di questo felice pensiero per tutti i secondi che si sono susseguiti dal riaggancio della cornetta fino all'istante del mio arrivo presso la casa editrice in questione.
La scelgo per vari motivi. é una delle prime che compaiono sul sito della fiera di Bologna in ordine alfabetico, è nella mia stessa città (Roma) e non sembra difficile da raggiungere con i mezzi pubblici.
In quel periodo ancora non avevo nessuna idea di cosa fosse fare "ricerca sul mercato" e di sicuro non sapevo distinguere un editore da un altro (eccezion fatta per i soliti noti, ovviamente).
Quindi decido che, dovendo comunque fare esperienza, quelli mi sembravano tre validi criteri di scelta.
Telefono e mi risponde l'art director della casa editrice, che si rivela una persona molto gentile e simpatica e mi da appuntamento dopo qualche giorno alle ore 12.00...
ENTUSIASMO! Una felicità che aveva raggiunto livelli irraggiungibili, ero riuscita ad avere un appuntamento!!
La mia testa è rimasta piena di questo felice pensiero per tutti i secondi che si sono susseguiti dal riaggancio della cornetta fino all'istante del mio arrivo presso la casa editrice in questione.
mercoledì 4 giugno 2008
Prima telefonata
Avevo il mio elenco corredato di indirizzi e numeri di telefono.
Potevo iniziare, nessun problema!
Mi sistemai in camera, misi l'apparecchio telefonico di fronte a me e...
lo guardai.
Intensamente; con sforzo, a tratti quasi con astio.
Pensai che, probabilmente, non sapere cosa dire era ciò che mi impediva con tutte le sue forze di fare una cosa tanto semplice. Quindi presi un pezzo di carta ed iniziai a scrivere un discorso.
La cosa peggiore, in queste cose, è rileggere il tutto e sentirsi terribilmente stupidi.
"Caro signor editore...", no, non sto scrivendo una lettera!
"Gentile casa editrice..." NO, non mi risponderà l'intero staff alla cornetta.
"Buongiorno..." Ecco! Buongiorno poteva andare. Continuiamo:
"Buongiorno, mi chiamo Elisa Moriconi e sono un'illustratrice. Volevo chiederle se fosse possibile prendere un appuntamento per... per... per..." farle vedere? mostrarle? visionare?... Mostrarle, si, è il migliore. "... per mostrarle il mio book".
Perfetto, sintetico, preciso, diceva tutto.
Sollevata la cornetta iniziai a digitare il numero della prima casa editrice... per rimettere subito giù a metà dell'opera.
E se mi avesse interrotto prima che avessi finito di dire tutto? E se mi fossi sbagliata?
Decisi di rileggere il biglietto e, una volta convinto il mio cuore a rimanere entro i confini della gabbia toracica, mi accinsi a tentare nuovamente.
Altro fallimento. Non ero convinta. Ci dovevo pensare meglio, potevo sbagliare le parole da dire e fare una brutta prima impressione.
Agguantai il foglietto verde sul quale avevo scarabocchiato le mie annotazioni così semplici eppure dannatamente impossibili da pronunciare e corsi al piano di sotto a cercare un parente stretto da tormentare con le mie crisi telefoniche.
Potevo iniziare, nessun problema!
Mi sistemai in camera, misi l'apparecchio telefonico di fronte a me e...
lo guardai.
Intensamente; con sforzo, a tratti quasi con astio.
Pensai che, probabilmente, non sapere cosa dire era ciò che mi impediva con tutte le sue forze di fare una cosa tanto semplice. Quindi presi un pezzo di carta ed iniziai a scrivere un discorso.
La cosa peggiore, in queste cose, è rileggere il tutto e sentirsi terribilmente stupidi.
"Caro signor editore...", no, non sto scrivendo una lettera!
"Gentile casa editrice..." NO, non mi risponderà l'intero staff alla cornetta.
"Buongiorno..." Ecco! Buongiorno poteva andare. Continuiamo:
"Buongiorno, mi chiamo Elisa Moriconi e sono un'illustratrice. Volevo chiederle se fosse possibile prendere un appuntamento per... per... per..." farle vedere? mostrarle? visionare?... Mostrarle, si, è il migliore. "... per mostrarle il mio book".
Perfetto, sintetico, preciso, diceva tutto.
Sollevata la cornetta iniziai a digitare il numero della prima casa editrice... per rimettere subito giù a metà dell'opera.
E se mi avesse interrotto prima che avessi finito di dire tutto? E se mi fossi sbagliata?
Decisi di rileggere il biglietto e, una volta convinto il mio cuore a rimanere entro i confini della gabbia toracica, mi accinsi a tentare nuovamente.
Altro fallimento. Non ero convinta. Ci dovevo pensare meglio, potevo sbagliare le parole da dire e fare una brutta prima impressione.
Agguantai il foglietto verde sul quale avevo scarabocchiato le mie annotazioni così semplici eppure dannatamente impossibili da pronunciare e corsi al piano di sotto a cercare un parente stretto da tormentare con le mie crisi telefoniche.
giovedì 22 maggio 2008
Come si contatta un editore? Prologo
Già.... non è così semplice.
Avevo preso degli appunti in Accademia... ma naturalmente riguardandoli sembravano scritti da un perfetto estraneo.
Niente panico! L'Accademia poteva essere la soluzione definitiva a questo problema.
Armata di fiducia e di speranza mi metto in viaggio verso la mia adorata ex-scuola di illustrazione e comunicazione visiva.
Apriamo una parentesi. Abito in provincia di Roma. In provincia significa che per qualunque cosa tu voglia fare in città devi spostarti - in macchina o con i mezzi a tua discrezione e / o possibilità - perdendo la quasi totalità della tua giornata, a seconda del punto cardinale in cui abiti rispetto al luogo da raggiungere.
Ora abito a nord-ovest, ma prima abitavo a nord.
Le lande del nulla.
Muoversi in macchina a Roma, a meno che quest'ultima non sia il luogo che ti ha formato come automobilista aggressivo mangia-pedoni e crea-posti-dal-nulla, risulta per me un incubo.
Quindi mezzi pubblici. In ogni caso giornata immolata alla causa.
Chiusa parentesi (approfondirò il discorso "come spostarsi nella Capitale e dintorni" in un altro post).
Dicevo.
Giunta in Accademia saluto i professori presenti quel giorno, il preside e tutti quanti.
Espongo le mie problematiche e mi viene detto: "Ma certo! Abbiamo un fantastico elenco per gli ex-allievi".
Emozionatissima seguo Valentina, la ragazza che mandava avanti il per me incomprensibile meccanismo burocratico del posto, fino in presidenza.
Lì stampa alcuni fogli, me li consegna e mi dice una cosa apparentemente semplice, ma che negli anni futuri si sarebbe rivelata saggia come poche altre: "Qualunque cosa accada insisti e non arrenderti".
Sul momento la trovai un pochino destabilizzante... ma devo ammettere che in quel periodo bastava una parola riguardante la professione che mi accingevo ad intraprendere a portarmi in lande paradisiache ricche di entusiasmo o a scagliarmi nella depressione più profonda.
I fogli che stringevo tra le braccia però impedivano in quel momento l'insinuarsi di un qualunque pensiero negativo.
Erano carichi di certezze, con tutti quei nomi, indirizzi e numeri di telefono! Uno di quegli editori, di sicuro, si sarebbe dovuto accorgere di me!
Ringraziata Valentina, passai nelle diverse stanze a salutare tutti e mi incamminai verso casa.
A quel punto, pensavo, mi trovavo di certo in una botte di ferro.
Vita da illustratrice
E' la prima volta che apro un blog.
Non proprio la prima in realtà. Ma di sicuro è la prima volta che lo apro con l'intenzione di scriverci sul serio.
Mi chiamo Elisa, ho quasi 27 anni e sono illustratrice.
Un lavoro bellissimo, stupendo, realizzante.
Ed anche un lavoro... faticosissimo.
In tanti, mille sensi!
Tanto per iniziare, quando inizi questo lavoro ti trovi in un'ambiente in cui devi conoscere un sacco di cose che NESSUNO ti ha detto.
E difficilmente trovi qualcuno a cui chiedere aiuto!
Poi, piano piano, inizi ad imparare...
La prima cosa che mi ha terrorizzato?
COME SI CONTATTA UN EDITORE?
Non proprio la prima in realtà. Ma di sicuro è la prima volta che lo apro con l'intenzione di scriverci sul serio.
Mi chiamo Elisa, ho quasi 27 anni e sono illustratrice.
Un lavoro bellissimo, stupendo, realizzante.
Ed anche un lavoro... faticosissimo.
In tanti, mille sensi!
Tanto per iniziare, quando inizi questo lavoro ti trovi in un'ambiente in cui devi conoscere un sacco di cose che NESSUNO ti ha detto.
E difficilmente trovi qualcuno a cui chiedere aiuto!
Poi, piano piano, inizi ad imparare...
La prima cosa che mi ha terrorizzato?
COME SI CONTATTA UN EDITORE?
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