Dopo un po' di tempo finalmente un nuovo post sui rocamboleschi avvenimenti della "vita da illustratore".
La frase che da il titolo al post mi ha torturata per lungo tempo, a partire dalla mia prima visita alla fiera del libro per ragazzi di Bologna.
In quel periodo andavo ancora all'accademia di illustrazione ed ero armata dei miei progettini libro che avevo creato lì fra quelle pareti. Proprio dai nostri professori mi sentii dare per la prima volta questo consiglio, che in seguito sarebbe divenuto un vero e proprio tormentone: "Proponi il tuo progetto a quelle case editrici che ti sembrano più in linea con il tuo modo di disegnare".
Non avevo capito assolutamente a cosa andavo incontro ma esclamai un entusiasta "si!" e partii carica di buona volontà alla volta della fiera.
Entrare lì fu come sentirsi improvvisamente ubriachi. L'ebbrezza era provocata dalla moltitudine di colori, segni, formati, stand colorati e altro ancora.
E lì, si proprio lì, pensi ingenuamente: "farò un primo giro per vedere un po' cosa c'è e poi deciderò con chi parlare".
Finii il giro e...
e...
e niente! O perlomeno io non avevo le idee molto più chiare di quando avevo varcato la soglia.
A quel punto decisi che, visto che non sapevo assolutamente a chi rivolgermi in particolare, avrei chiesto un po' a tutti.
Come ho detto ero ancora studentessa, quindi il mio book rifletteva il fatto che il mio stile non aveva ancora imboccato una via certa: acquerelli, acrilici trattati con pennello e con spatola, pastelli ad olio e a cera, china e tecniche miste che più miste non si può. Un pout-pourri di tecniche! A questo potrei aggiungere che le illustrazioni non erano realizzate tutte esattamente con lo stesso segno, sembrava un book "a più mani" a rivederlo adesso. E' naturale immagino, e io in quel momento non me ne accorgevo nemmeno un po'.
In ogni caso collezionai un buon numero di opinioni, alcune apparentemente entusiaste (l'apparente entusiasmo in fiera ti viene spesso incontro! La maggior parte delle volte non porterà nessun lavoro, però fa bene all'autostima! XDD), altre più pacate e/o ricche di consigli e infine alcune mai date, anche con un poco di malagrazia aggiungerei.
A fine fiera "estrassi" dal mio panierino mentale dei buoni consigli (quelli che non servivano li avevo lasciati lì in fiera per non appesantirmi troppo durante il viaggio di ritorno) tra i vari che mi erano stati dati e ne individuai alcuni ricorrenti:
- Cerca uno stile che sia tuo e ti renda riconoscibile (a questo dedicherò più avanti un post perché sento che merita di essere approfondito e blaterato in separata sede)
- Correzioni di alcuni errori frequenti
- Indicazioni sui punti di forza dei miei lavori
MA SOPRATTUTTO
- TROVA LE CASE EDITRICI CHE PIù SI ADATTANO AL TUO STILE
A questo punto uno non trova niente da obiettare.
Si tratta indubbiamente di un consiglio sensato.
Ma
"QUAL'E' IL MIO STILE?" non potei fare altro che chiedermi.
Non è che non avessi in mente una MIA idea di quale fosse il MIO modo di disegnare. Ma non capivo che idea ne avessero gli editori.
Peggio.
In ogni stand avevo visto una moltitudine di libri.
In ogni stand (o quasi) c'era almeno un libro che sembrava accostarsi al mio modo di disegnare e che mi induceva quindi a pensare che forse c'era la possibilità di essere presa in considerazione da questo o da quell'altro editore.
Partivo all'assalto e dopo: presentazioni, sorrisi e buoni consigli arrivava, quasi inevitabilmente, il buon consiglio definitivo: ti conviene chiedere a quegli editori che pubblicano libri più vicini al tuo stile.
La cruda realtà è che NESSUNO sa dirvi solitamente quale sia il vostro stile e dove potreste incanalare i vostri sforzi.
Il primo tentativo fatto era stato di suddividere i lavori nelle due macro-categorie Fiction e Non-Fiction (in perfetto stile fiera del libro di Bologna) ma non aveva sortito questo grande successo.
Quindi incominciai a chiedermi:
Dovrò rivolgermi a quelli che fanno disegni rotondeggianti e graziosi? Era in effetti un periodo in cui disegnavo tutto piccolo-carino-e-rotondo.
Il tentativo su questa via mi gettò altro fumo negli occhi. Trovare qualcosa di grazioso&rotondo era fin troppo facile fra tutti quei libri, talmente facile che la scrematura era insignificante.
E così il Buon Consiglio tornava velocissimo a passo di carica.
Allora optai per una divisione in tecniche di disegno. Acquerello, acrilico, pastelli a cera e così via.
Un altro flop disastroso.
A quel punto presi una decisione... fare un passo indietro. Presentarmi dovunque ci fosse anche una minima chance e vedere cosa succedeva.
Così sono passati alcuni anni e ho finalmente ottenuto un miglior "colpo d'occhio" per gli stand dove dirigermi; anche se la sicurezza di colpire nel segno non c'è mai del tutto, almeno ormai nessuno mi suggerisce più da tanto tempo il Buon Consiglio.
Se devo affidarmi alla logica direi che ormai suddivido le case editrici a seconda del tipo di pubblicazioni (classico albo illustrato, da colorare, narrativa, scolastica, disegni con affinità al fumetto, illustrazione scientifica ecc.) e in base al target che va "per la maggiore" fra le pubblicazioni esposte (prescolare, elementari, medie, liceo...).
E' comodo e funziona :)
Per il resto lo stile crescendo vien da sé.